SISMICITA' DELL'ITALIA NORD-OCCIDENTALE DALLA

REVISIONE DEL CATALOGO

 

     La sismicita' storica e strumentale dell' Italia Nord-Occidentale e' relativamente ben conosciuta e catalogata. Il numero crescente di stazioni sismiche operanti nell'area (Bossolasco et al., 1972; Eva et al., 1985; Thouvenot et al., 1990) e lo sviluppo di sistemi di acquisizione digitale, soprattutto nelle Alpi, offre una certa abbondanza di dati di buona qualita'.

     Per molti studi sismologici si fa riferimento al Catalogo dei Terremoti Italiani (Postpischl, 1985). Tuttavia per l'analisi di eventi selezionati nello spazio e nel tempo, alcuni autori hanno dovuto apportare una significativa revisione critica di queste informazioni (Frechet, 1978, 1979; Capponi et al., 1980; Cattaneo et al., 1989b).

     In questo capitolo viene descritta la sismicita' dell'Italia Nord-Occidentale attraverso l'analisi dei dati del Catalogo. Dopo un paragrafo sulla sismicita' 'storica' del periodo 1000-1970, viene proposta una revisione dei dati per il periodo 1971-1989 per la realizzazione di una banca-dati di riferimento.

    

 

1.1 DATI DEL PERIODO 1000-1970

 

     Vengono mostrati in Figura 1.1 gli epicentri dei terremoti estratti nel periodo 1000-1970 in Italia Nord- Occidentale dal Catalogo dei Terremoti Italiani. Questa figura da' una descrizione completa della distribuzione della sismicita' 'storica'. L'attivita' riguarda tutta la superficie indagata, ma sembra concentrarsi soprattutto in tre zone: ad ovest, lungo due fronti principali storicamente conosciuti come archi sismici 'Brianzonese' e 'Piemontese' (Eva et al., 1990); a nord lungo una fascia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1.1 - Mappa dei volumi focali dell'Italia Nord- Occidentale, relativa al periodo 1000-1970. che corrisponde al margine settentrionale della pianura padana; a sud-est lungo due fasce di direzione NW-SE, una prossima alla linea di costa, l'altra lungo il margine meridionale della Pianura Padana.

 

 

1.2 REVISIONE DEI DATI 'STRUMENTALI' (1971-1989)

 

     Nel lavoro di revisione si e' tenuto conto di alcuni principi "ispiratori", che dovrebbero riguardare piu' in generale ogni lavoro di "catalogazione":

     1) base di qualsiasi analisi sismotettonica e' la corretta catalogazione dell'attivita' sismica .

     2) la catalogazione deve essere la piu' completa possibile, onde fornire una conoscenza dell'evoluzione spazio-temporale dell'attivita' sismica estesa a tutti i livelli di energia;

     3) il catalogo deve essere aggiornato, sia perche' e' un documento in evoluzione continua, sia in quanto lo sviluppo delle tecniche di acquisizione e di analisi dei dati rilevati strumentalmente permette la localizzazione dei terremoti anche di bassa energia con maggiore grado di precisione, il che rende tali dati estremamente preziosi per possibili correlazioni sismotettoniche.

     Il lavoro di revisione ha riguardato, in particolare, l'insieme dei dati "strumentali" degli ultimi 20 anni. In Italia Nord-Occidentale, infatti, opera dal 1971 una rete sismica regionale, facente capo all'Universita' di Genova. Ad essa sono state apportate, nel corso degli anni, continue modifiche e miglioramenti (Augliera, 1992; Bossolasco et al., 1972; Eva et al., 1985). L'ottimizzazione delle procedure di acquisizione e di scambio delle informazioni con le reti adiacenti ha consentito un buon controllo sismico su tutta l'area. Inoltre la registrazione di una notevole quantita' di tempi di arrivo di fasi sismiche ha permesso la rilevazione anche di eventi sismici di media e bassa energia, di grande importanza per la definizione delle strutture sismogenetiche.

     Tuttavia, il progressivo e continuo miglioramento dele metodologie di rilevazione, ha anche reso disomogenea e a volte incompleta, negli anni, la base di dati  costituita dai tempi di arrivo. Si e' resa, percio', necessaria una revisione di quanto raccolto e precedentemente catalogato.

     Il primo obbiettivo e' stato quindi quello di mettere insieme (in un unico "file") i  dati disponibili: quelli piu recenti, gia' "leggibili" da un calcolatore, con quelli riportati solo su tabelle e bollettini, o ancora da leggere direttamente su carta.      La revisione dei dati, ha riguardato tutti gli eventi verificatisi nel periodo 1971-1989 per l'area compresa tra le coordinate 43°-47° Lat. N e 6°-11° Long. E e si e' articolata nelle seguenti tre fasi:

 

     1) creazione di una banca dati sismologici

     2) controllo dei dati e localizzazione degli eventi

     3) creazione del file catalogo

 

 

1.2.1 CREAZIONE DI UNA BANCA DATI  

 

     Per la creazione di una banca-dati costituita dai tempi di arrivo, come base di riferimento sono stati considerati i dati contenuti nei bollettini I.S.C. (International Seismological Centre) per il periodo 1971- 1981 ed in quelli U.G.G (Universita' di Genova, sez. Geofisica) per il 1982-1989. Per ogni evento riportato nei due bollettini e' stata eseguita la ricerca delle altre fonti disponibili. Tutti questi dati raccolti in un unico file hanno rappresentato la "banca-dati integrata" di riferimento. In particolare per ogni evento sono stati raccolti ed inseriti in un file tutti i tempi di arrivo delle fasi P e S registrate dalle stazioni sismiche comprese entro un raggio di 300 km dall'epicentro riportato. Per tale operazione sono stati utilizzati quindi tutti i dati editi e non delle seguenti reti (Figura 1.2): Rete dell'Universita' di Genova (U.G.G), Rete dell'Istituto Nazionale di Geofisica (I.N.G), Rete Nazionale Francese (L.D.G), Rete Svizzera, Rete dell'Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste (O.G.S), Rete del Nizzardo (facente capo a Strasburgo), Rete dell'Universita' di Grenoble, alcune stazioni della C.E.A. ed altre stazioni italiane non coordinate (Piacenza, Parma). E' stato altresi' possibile utilizzare dati di reti che hanno operato temporaneamente sul territorio (reti ENEL e stazioni mobili dell'Universita' di Genova).

     Si e' cosi' ottenuto un file di circa 200.000 tempi di arrivo di fasi P ed S relativi a circa 7000 terremoti locali e/o regionali. Tale file costituisce un importante strumento di lavoro, sia per ulteriori integrazioni che per controlli puntuali ed eventuali revisioni. Inoltre presenta il vantaggio che, qualora possa intervenire un miglioramento delle modellistiche crostali, in qualsiasi momento e' possibile riprocessare i dati.

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1.2 - Mappa delle stazioni i cui dati sono stati utilizzati per la revisione.

 

1.2.2 CONTROLLO DEI DATI E RILOCALIZZAZIONE DEGLI EVENTI

 

     Volendo ottenere un catalogo (con i soli parametri ipocentrali) o meglio un bollettino (contenente anche i dati di ingresso), si e' reso necessario il controllo sia dei tempi che delle successive localizzazioni.

     Innanzitutto una particolare attenzione in questa fase e' stata dedicata al controllo di possibili eventi ripetuti, poi, prima di procedere alla localizzazione definitiva, il "file dati" ottenuto e' stato sottoposto ad una prova di localizzazione, mediante l'utilizzo del programma HYPO-ELLIPSE (Lahr, 1979) e di un modello di propagazione standard. Tale prova aveva lo scopo di controllare sia errori di battitura che l'esistenza di dati di stazione duplicati e di verificare la qualita' delle informazioni raccolte; il controllo si e' basato sui residui di tempo. Sono stati rivisti, controllati e corretti tutti i valori di tempo con alti residui (residuo>3RMS). La' dove i dati non erano suscettibili di correzione (non potendo risalire alle registrazioni originali di ciascun evento) sono stati assegnati dei pesi, valutati in funzione inversa al loro residuo.

     Successivamente e' stata impostata una seconda fase di localizzazione per tutti gli eventi registrati da non meno di tre stazioni e con un numero di fasi superiore a quattro.

     In tale fase sono stati attribuiti ad ogni singola stazione, in funzione delle caratteristiche geologico- strutturali, anche derivandoli dai profili di sismica a rifrazione, dei modelli medi di propagazione. In Tabella 1.1 sono riportati i modelli finali assunti per i vari gruppi di stazioni. I modelli 1 e 3 sono stati attribuiti alle stazioni dell'arco alpino, il modello 2 a quelle della zona ligure, il modello 4 alle stazioni molto lontane rispetto all'epicentro; infine, i modelli 5, 6 e 7 alle stazioni padane e dell'Appennino Nord-Occidentale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Taella 1.1 - Modelli di velocita' utilizzati per la localizzazione degli eventi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.2.3 CREAZIONE DEL 'FILE' CATALOGO

 

     Le localizzazioni finali unite ai tempi di arrivo hanno costituito il file-catalogo che risulta, quindi, cosi' composto:

     - una intestazione che, in analogia a quanto descritto per il file dati, contiene tutte le informazioni relative ai parametri focali dell'evento come derivati dalle varie agenzie (ING, NEIS, ISC, CSEM, ecc.) raffrontate con quelle contenute nel Catalogo PFG e quelle della presente revisione (contraddistinte con la sigla I.G.G.).

     - un elenco dei dati utilizzati per la localizzazione indicanti: la sigla delle stazioni di registrazione, la lettura del tempo di arrivo della fase P con il suo peso, la lettura del tempo di arrivo della fase S con il suo peso. Oltre ai dati temporali e' previsto l'inserimento dei versi dei primi arrivi per lo studio dei meccanismi focali.

     Il catalogo risultante dalle revisioni precedentemente descritte, piu' che una semplice elencazione dei parametri focali dei vari eventi, ha assunto l'aspetto di un data-base in cui sono contenute tutte le informazioni a partire dal trattamento del dato originario.

     Complessivamente in questo lavoro sono stati revisionati circa 1600 eventi per gli anni 1971-1981 e circa 5000 per il periodo 1983-1989.

     I risultati ottenuti con la revisione sono riportati nelle Figure 1.3 ed 1.4 che sono relative rispettivamente al periodo 1971-1981 ed al 1983-1989.

     Il processo di revisione nel suo complesso ha permesso di migliorare sia le localizzazioni dei terremoti sia di recuperare una notevole messe di nuove informazioni.

     Globalmente per il periodo 1971-1982 vi e' stato un incremento di fasi catalogate. Enorme e' stato l'incremento degli eventi localizzati per il periodo 1983- 1989, rispetto a quelli riportati sia sui bollettini I.S.C che su quelli I.N.G; cio' e' principalmente dovuto al graduale aumento di stazioni modernamente equipaggiate sia in Italia che nei paesi confinanti.

     Il miglioramento delle qualita' delle localizzazioni e' evidenziato nella Tabella 1.2 da cui emerge che quelle di qualita' A e B (errore massimo inferiore a 5 km) passano, dal primo al secondo periodo di revisione, dal 21% al 46%.

 

 

Tab.1.2 - Percentuale delle classi di qualita' per i periodi revisionati.

 

                Qualita'             A     B     C     D

      Periodo

 

      1971-1982             2%   19%   25%   54%

 

      1983-1989            12%   34%   24%   30%

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1.3 - Carta della sismicita' dell'Italia Nord- Occidentale, relativa agli anni 1971-1982 dopo la revisione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1.4 - Carta della sismicita' dell'Italia Nord- Occidentale, relativa agli anni 1983-1989 dopo la revisione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1.5 - Istogrammi n. eventi-magnitudo per gli anni 1971-1982 (in alto) e 1983-1989 (in basso).      La variazione numerica ed il significativo abbassamento della soglia di M degli eventi localizzati sono ben visualizzati dai due istogrammi di Figura 1.5. Cio' fa pensare che per certe aree si sia raggiunta nell'ultimo periodo la completezza della catalogazione sino a valori di M=2, contro i valori di circa 3 del periodo precedente.

     Sono stati, infine, scelti alcuni eventi con M>4.5 per mettere in evidenza come allo stesso terremoto vengano attribuite dai diversi enti localizzazioni che presentano differenze anche notevoli (Tabella 1.3).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella 1.3 - Esempio della strutturazione del file dati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.3 DISTRIBUZIONE DEGLI EVENTI: ZONE SISMOGENETICHE

 

     Da un punto di vista fisiografico (Figura 1.6), l'area, su cui e' stata eseguita la revisione del catalogo comprende, oltre all'Appennino Settentrionale, le Alpi Liguri, le Alpi Occidentali, le Alpi Centrali, le Alpi Meridionali e la Pianura Padana (le singole unita' strutturali sono descritte in figura).

     Nelle Figure 1.3 e 1.4 si puo' osservare la distribuzione della sismicita' per l'Italia Nord- Occidentale, come derivata dalla revisione per il periodo 1971-1989: si notano sia degli allineamenti di epicentri che delle zone ad alta concentrazione della sismicita'.

     Il confronto fra le Figure 1.1, 1.3 e 1.4 dimostra che l'attivita' e' spazialmente stabile e continua nel tempo. Cio' sta a indicare che, per quest'area, un campione di circa 20 anni di sismicita' recente, ben localizzato, puo' essere sufficiente a descrivere i rapporti tra grandi unita' strutturali, strutture crostali e sismicita'. La mappa del flusso tettonico di Figura 1.7, altro metodo per 'zonare' le aree attive sismicamente, puo' completare, in modo piu' analitico, lo studio della distribuzione geografica dei terremoti.

     Nelle Alpi Occidentali, la distribuzione degli epicentri indica che l'attivita' sismica si concentra in bande collegate con i fronti delle Unita' Pennidiche, bordando tutta la Pianura Padana. La principale caratteristica e' la pressoche' totale asismicita' di tutti i massicci cristallini esterni nonche' di quelli interni, escluso il Dora Maira.

     Appare ben evidente invece che le falde di sovrascorrimento sono caratterizzate da una continua attivita', specie nelle zone prossime ai contatti con i massicci esterni ed interni.

     Un'ulteriore zona ad alta complessita' sismica e strutturale e' rappresentata dal settore alpino compreso tra i massicci esterni dell'Argentera e del Pelvoux, dove le strutture legate al Flysch dell'Ubaye risultano particolarmente attive.

     L'arco delle Alpi Occidentali, nelle sue terminazioni settentrionali e meridionali, e' caratterizzato da una notevole attivita' sismica. Tali zone, a cui debbono essere ascritti i maggiori eventi sismici del passato, sono rappresentate dalla fascia del Vallese e della fossa del Rodano, dalle Alpi Liguri e dal Mar Ligure Occidentale.

     La linea di Centovalli, che come limite Alpi Settentrionali-Meridionali non presenta particolari segni di attivita', proseguendo verso Ovest, taglia le strutture delle Alpi Occidentali in corrispondenza dell'area del

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1.6 - Schema strutturale dell'Italia Nord- Occidentale.

Massicci cristallini esterni: A-Argentera; BD-Pelvoux Belledonne; MB-Monte Bianco; AG-Aar Gottard.

Massicci cristallini interni: DM-Dora Maira; GP-Gran Paradiso; MR-Monte Rosa; EN-Finestra Tettonica dell'Engadina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 1.7 - Mappa del flusso tettonico per gli anni 1000- 1980. La parte superiore presenta, in 3D, i valori del flusso; nella parte inferiore sono rappresentate, in proiezione, le isolinee di tali quantita'. Vallese e della Valle del Rodano, creando una zona di alta instabilita' sismica. Similmente la sua prosecuzione verso Sud-Ovest (linea del Canavese e sue biforcazioni), risulta sede di una attivita' sismica sporadica con significative riattivazioni.

     Nel settore delle Alpi Liguri e del Mar Ligure, anche se apparentemente la sismicita' sembra diffusa, si possono distinguere caratteri diversi di sismicita' tra la parte a terra della Liguria Occidentale e la parte marina.

     L'attivita' delle Alpi Liguri tende ad aumentare proseguendo da Genova verso Ovest, raggiuggendo i suoi massimi valori nelle zone dell'Imperiese e del Nizzardo. Di particolare rilevanza appare la linea Saorge-Taggia che si e' dimostrata costantemente attiva ed e' stata sede di taluni eventi sismici di forte intensita' nel secolo scorso (Cattaneo et al., 1989b; Bethoux et al., 1988).

     Il Mar Ligure appare nettamente suddiviso in due parti, la zona orientale quasi completamente asismica, e la parte occidentale che risulta sede dei principali terremoti che hanno interessato l'Italia Nord-Occidentale (Fanucci et al., 1989).

     In questo caso la sismicita' sembra concentrarsi in una zona triangolare con un cateto nel Golfo di Genova e due lati di cui uno orientato NE-SW, lungo l'asse della zona di massimo approfondimento marino, e l'altro che, dall'altezza di Nizza, prosegue in mare con direzione NW- SE; l'ipotenusa puo' essere considerata la costa ligure.

     Per quanto riguarda le strutture appenniniche la sismicita' storica mette in evidenza due allineamenti principali: il primo con caratteristiche di sismicita' piu' diffusa che segue il limite tra l'Appennino emerso e la Pianura Padana, ed il secondo che, orientato NW-SE, da Voghera alla Lunigiana-Garfagnana, segue il versante tirrenico della catena appenninica.

     Queste due suddivisioni dell'Appennino, note dalla letteratura, indicano l'esistenza di due regimi ben distinti che caratterizzano i due settori appenninici, almeno per la parte piu' superficiale: un regime distensivo per l'Appennino interno, ed uno compressivo per l'Appennino esterno.

     Un'ulteriore dominio e' rappresentato dal settore delle Alpi Meridionali che dal Canavese si estende sino al Lago di Garda. Quest'area, molto attiva all'inizio dell'attuale millennio, sembra caratterizzata da un'attivita' sismica recente di bassa energia che si esplica principalmente attorno alle strutture delle Giudicarie Meridionali e lungo le Prealpi Bergamasche.

 

 

     E' possibile cosi' riconoscere una serie di grandi zone di attivita' sismica, che presentano caratteristiche sufficientemente distintive. Da Ovest verso Est:

     - il Vallese-Valle del Rodano;

     - la fascia pennidica esterna (Brianzonese        Occidentale);

     - la fascia del Canavese;

     - la  zona pennidica interna (dal Pinerolese al Dora        Maira);

     - le Alpi Marittime francesi;

     - il Mar Ligure Occidentale;

     - le Alpi Liguri;

     - la fascia del Monferrato ed Astigiano Meridionale;

     - l'Appennino Nord-Occidentale interno;

     - l'Appennino Nord-Occidentale esterno;

     - la fascia delle Alpi Meridionali;

     - la fascia delle Giudicarie Meridionali.

 

     Tale classificazione, necessariamente schematica, puo' rappresentare una base di lavoro per analisi di dettaglio della sismicita'. Nei prossimi capitoli l'attenzione viene appunto rivolta al settore dell'Appennino Settentrionale.

              

 

 

bibliografia

 

 

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